10/12/1948 - 10/12/2018 Una idea - progetto... I Diritti Umani
Il famoso filosofo-giurista N. BOBBIO in uno dei suoi scritti affermava che i problemi fondamentali del nostro tempo sono due: quello dei Diritti Umani e quello della Pace nel Mondo.
Il primo è una sorta di cartina al tornasole per misurare il grado di civiltà di un popolo, dal secondo dipende la nostra stessa sopravvivenza.
Il riconoscimento dei diritti umani è condizione indispensabile al mantenimento della pace: laddove non c'è rispetto dei diritti ci sono malcontenti, tensioni e instabilità politico-sociale; la pace, però, è premessa indefettibile al progresso e allo sviluppo dei diritti umani.
Per la verità questo rapporto di reciproca interconnessione è stato intuito, anzi, è stato sottolineato, in molti documenti internazionali di indubbia autorevolezza a cominciare dalla Carta delle Nazioni Unite, la quale, prendendo coscienza che la causa, o per lo meno una delle cause del flagello della seconda guerra mondiale, andava ricondotta al dispregio della dignità umana, ha avviato una nuova fase di sviluppo della comunità internazionale, fondata sul rafforzamento della pace e dei diritti fondamentali.
Il pericolo che questi diritti vengano cancellati oggi, è però legato, non solo, alle preoccupazioni della guerra ma, paradossalmente, anche alleccessivo progresso tecnologico e alle modalità di sviluppo della società umana.
È sotto gli occhi di tutti che il pianeta sta vivendo un delicato periodo di transizione, che prelude a profondi cambiamenti, di cui non è ancora facile affermare il significato, ne afferrarne la portata.
L'esasperato sviluppo scientifico, la rivoluzione informatica, laccelerazione delle relazioni fra i popoli, grazie anche a nuovi e sempre più sofisticati sistemi di comunicazione hanno aperto lera della Globalizzazione, l'era della c.d. new economy.
Visto in un'ottica positiva, questo significa abbandono di sistemi economici e finanziari più o meno chiusi a favore di una libertà di mercato, della standardizzazione e miglioramento dei prodotti, del superamento delle barriere normative con conseguente deregulation.
In negativo, però, significa caduta di molti valori, perché il rischio inevitabile è quello dello sfruttamento delle zone sottosviluppate, generalizzazione di clausole vessatorie, omologazione delle culture in conseguenza anche di un fenomeno latente e progressivamente crescente di integrazione della società internazionale, omologazione, spesso, espressione di imperialismo più o meno occulto da parte dei paesi più forti.
Un contributo non trascurabile, anzi, un colpo di acceleratore alla rottura di equilibri, che si ritenevano consolidati nel tempo, è stato dato dai mutamenti geopolitica, tuttora in corso, e che hanno preso lavvio dalla caduta del muro di Berlino.
Questo evento ha portato alla fine del bipolarismo Unione Sovietica/Stati Uniti, ma anche al crollo delle economie collettivistiche nei paesi dellest europeo, con conseguente rivitalizzazione del capitalismo anche in quelle aree geografiche, capitalismo che si è rivelato più selvaggio e senza regole rispetto a quello dei paesi occidentali.
In questo scenario complesso sembrano prevalere con forza limperativo dello sviluppo economico a tutti i costi e della competitività esasperata, che mettono in discussione il destino della persona umana e dei diritti fondamentali.
L'individuo avverte, sempre più pressante, il bisogno di certezza, di sicurezza, di solidarietà proprio perchè il contesto che lo circonda si fa sempre più precario, ostile, insensibile alle sue esigenza primarie e ai suoi bisogni (basta riflettere alla crisi del Welfare State).
Questa situazione di disagio sta assumendo contorni parossistici alla luce delle vicende terroristiche degli ultimi cinque anni, che rischiano di azzerare conquiste di libertà, che si ritenevano ormai acquisite (la sospensione del trattato di Schengen).
Da qui più che mai l'interesse per i diritti umani, che sta diventando sempre più un settore portante, un pilastro strategico delle relazioni internazionali e di quelle interne ad ogni paese.
EVOLUZIONE STORICA
Il riconoscimento e la tutela dei Diritti Umani è frutto di un percorso tortuoso che affonda le radici nella più remota antichità.
In proposito, occorre premettere una precisazione terminologica legata al fatto, che nel linguaggio corrente si parla in modo promiscuo di Diritti Umani e di Diritti Fondamentali.
In realtà il diritto umanitario scaturisce dall'integrazione di due sistemi, distinti per formazione storica e conformazione strutturale e tecnica: il diritto umanitario bellico ed il sistema dei diritti fondamentali in senso proprio.
Nel tempo però questi due sistemi hanno finito con lintrecciarsi e diventare in un certo modo complementari, fino a sfumare in una considerazione unitaria, anche in conseguenza di larghi strati di sovrapposizione (il divieto di tortura è valido sia in tempo di pace che in tempo di guerra).
Il primo nucleo di diritti umani è individuabile in quel complesso di usi, consuetudini volti a rendere meno penosa la condizione delluomo coinvolto nelle ostilità (non infierire sui feriti, dare sepoltura ai morti in battaglia ecc.).
Dette consuetudini, già dalla seconda metà dell'ottocento, tendono ad essere tradotte in norme scritte ed inserite in accordi di codificazione quali il Manuale di Oxford sul regolamento della guerra terrestre, le convenzioni dellAja del 1899 e 1907 e in altri trattati bi o plurilaterali sul diritto bellico.
Un prezioso contributo a questo primo troncone del diritto umanitario è stato dato dalla Croce Rossa che ha promosso varie convenzioni a tutela delle persone nel corso dei conflitti armati.
A questo sistema antico, si è affacciato, in epoca relativamente recente, l'altro sistema dei diritti fondamentali, che condivide la medesima filosofia di base e cioè la tutela della persona umana e dei suoi valori ma che ha matrice e caratteristiche strutturali diverse.
Si tratta di quei diritti che, nel corso soprattutto degli ultimi due secoli, sono stati in vario modo garantiti e protetti da apposite dichiarazioni o carte, generalmente di rilievo costituzionale, nell'ambito degli ordinamenti dei paesi che le hanno adottate, ovvero risultano da atti o trattati internazionali.
I diritti fondamentali attengono alla sfera dei rapporti del singolo e lo Stato, ed il loro riconoscimento nasce dall'esigenza di affermazione dei valori dell'individuo nella vita politica, economica e sociale in cui si muove.
La ricostruzione storica del loro riconoscimento può essere sintetizzata in tre fasi.
La prima coincide con lIlluminismo, quando cominciano ad essere propugnati gli ideali di libertà, uguaglianza e solidarietà, che pongono le premesse di un riscatto dellindividuo dalla condizione di sudditanza nei confronti del sovrano assoluto.
Si tratta però di semplici proclamazioni di principio, senza valenza giuridica.
La seconda fase si individua con le prime trasposizione in norme scritte i cui documenti pilota sono rappresentati dalla costituzione americana del 1776 e quella francese del 1789.
Con essi, infatti, si dà lavvio ad una concezione di Stato non più assoluto, ma propenso a porre limiti alla propria sovranità, attraverso modifiche politico-istituzionali (monarchie parlamentari), che portano allemersione del concetto di cittadinanza e, per contrapposizione, a quella di straniero.
È in questo periodo che cominciano ad essere redatti i primi sistemi di diritti positivi.
La positivizzazione rende questi diritti meno universali, nel senso che valgono solo nello Stato che li riconosce: l'individuo diventa titolare di diritti e lo Stato titolare di obblighi.
Inizialmente (a cavallo tra il settecento e lottocento) sono riconosciuti i diritti civili e politici, detti per questo di prima generazione.
Successivamente, specie quando comincia a farsi strada il principio di uguaglianza sostanziale e si pone la famosa questione sociale (seconda metà 800 primi 900) cominciano ad affermarsi i diritti economici, sociali e culturali i quali, a differenza di quelli politici e civili, che sono costruiti in modo incondizionato e con precetti direttamente applicabili (diritto alla vita, diritto al voto - diritto di esprimere le proprie opinioni, ecc.), hanno generalmente natura programmatica e dipendenti da legislazione di dettaglio.
I diritti economici e sociali, infatti, si traducono in linea di massima in un pretesa del cittadino ad una prestazione positiva da parte dello Stato, per migliorare le proprie condizioni materiali, spirituali e di vita (diritto allistruzione, alla sicurezza, all'assistenza sociale, ecc.).
Prende l'avvio con la dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, che rappresenta una svolta storica nella misura in cui la condizione umana viene assunta dallordinamento internazionale tra i valori da proteggere.
La tutela di questi diritti supera le barriere internazionali, torna ad essere universale: beneficiari non sono più solo i cittadini di questo o quello Stato, ma tutti gli uomini senza alcuna discriminazione.
La tutela è anche positiva, perchè prodotta in norme ufficiali internazionali.
La dichiarazione universale non ha valore vincolante, ma questi diritti cominciano ad essere oggetto di trattati e vengono persino dotati di strumenti di tutela giurisdizionale, per cui possono essere fatti valere contro gli stessi Stati che li abbiano violati.
Nel sistema delle Nazioni Unite sono stati stipulati nel 1966 due patti:
quello sui diritti civili e politici, che prevede un comitato dei diritti dell'uomo a cui possono rivolgersi non solo gli Stati (nei confronti di altri Stati), ma anche gli individui nei confronti di uno Stato per pretesa lesione di questi diritti.
Il patto sui diritti economici, sociali e culturali fondato soprattutto su un sistema informativo per incentivare gli Stati a realizzare progressi nel riconoscimento di questi diritti.
Alcune organizzazioni collegate allO.N.U., quali I.L.O. ed UNESCO hanno poi promosso iniziative (convenzioni, raccomandazioni, studi) per far progredire i diritti umani.
La dichiarazione universale ha costituito lo stimolo alla crescita della sensibilità su questo tema, determinando la redazione di altri atti, documenti e trattati, con efficacia più circoscritta.
In Europa, in Asia, in Africa, nell'America latina, negli ultimi decenni, sono molti gli Stati che si sono dati nuove carte costituzionali, che non solo riprendono lo zoccolo duro di tutela indicato dalla dichiarazione universale, ma dedicano ai diritti fondamentali un'attenzione particolare.
Il fenomeno è stato particolarmente visibile negli ex paesi socialisti, affrancati a seguito della disgregazione dell'Unione Sovietica e della Yugoslavia.
Nei cataloghi dei diritti di queste carte, viene affermato il diritto alla vita, il divieto di tortura e di trattamenti crudeli e disumani.
Si radica anche la dignità e il settore delle libertà civili che vengono adottate in blocco, con una disciplina quasi standardizzata per la libertà personale, la libertà di riunione, di associazione, di pensiero ecc.
Compare diffusamente il nuovo valore della privacy, sia correlata allambito del domicilio e della corrispondenza, che estesa alla sfera delle scelte famigliari ed alla tutela dei dati personali.
Con riguardo al comparto economico trova riconoscimento la proprietà, la libertà economica e quindi l'economia di mercato e la tutela dei consumatori trovano riconoscimento pretese e prestazioni sulla base delle piattaforme morali e culturali proprie di ciascun paese.
Anche sul piano dei diritti politici, l'adesione all'etica della democrazia e del pluralismo, appare piena ed incondizionata.
Riconoscimento trova pure la tutela delle minoranze, per consentire la pacifica convivenza dei vari gruppi etnici.
Una novità è la generalizzazione delle pretese relative all'ambiente, sia come diritto soggettivo individuale, che con riferimento alla dimensione collettiva e, attraverso il principio dello sviluppo sostenibile, anche rispetto alle future generazioni.
La dichiarazione universale, non solo ha influenzato le carte costituzionali di Stati neo formati, ma ha promosso la revisione delle carte costituzionali di molti Stati che già vantavano una tradizione democratica di tutto rispetto (Finlandia, Svizzera, Francia ecc.), e questo per modernizzare i cataloghi dei diritti fondamentali.
Sono nati, infatti, i diritti di terza generazione legati alla pace, allo sviluppo, allambiente, al patrimonio comune dell'umanità e addirittura, si cominciano ad individuare e tutelare i diritti della c.d. quarta generazione, legati alla sviluppo della genetica e alla cibernetica (diritti legati alluso di internet e della bioetica).
Oltre che influenzare lo sviluppo normativo all'interno degli Stati, la dichiarazione universale, ha dato la stura ad unattività normativa senza precedenti, anche a livello internazionale.
Intanto ha ispirato laffermarsi di principi di alto valore giuridico, come il rifiuto della forza per risolvere le controversie tra Stati, il principio di autodeterminazione dei popoli, la condanna dellapartheid, il divieto di tortura, di trattamenti degradanti, eccetera.
Ha, altresì, determinato il proliferare di Carte similari e di molte convenzioni e trattati secondo un processo evolutivo, che ha imboccato due diverse direzioni:quello della specializzazione e quello della regionalizzazione.
La specializzazione è rappresentata dalla tendenza ad occuparsi della tutela di specifiche categorie o gruppi: norme sui rifugiati, sui lavoratori, sulle vittime di guerra, sui minori.
Si tratta di norme internazionali volte al rafforzamento e all'approfondimento sul piano sostanziale delle esigenze di questi soggetti e dell'approntamento di strutture di tutela idonee a garantire il controllo e la promozione dei relativi diritti (l'Alto Commissario per i Rifugiati Istituti specializzati).
La regionalizzazione nasce dall'esigenza di attuare discipline specifiche che interessano ristrette aree geografiche connotate dalla omogeneità culturale, politica e sociale o dalla integrazione di Stati appartenenti a particolari etnie o legati da particolari fattori (religiosi).
Sulla falsa riga della dichiarazione universale, sono state adottate dichiarazioni quali quella dei diritti dell'uomo in Islam (1981), quella di Tunisi per lAfrica (1992), di Costarica per l'America Latina ed i Carabi (1993), di Bankok (1993) per l'area asiatica e la carta araba per i diritti dell'uomo.
Nel campo dei patti e delle convenzioni la più importante e la prima della serie rimane la CEDU (Convenzione Europea dei Diritti Umani) che ha inaugurato un nuovo sistema di tutela per il quale viene additata come una pietra miliare nello sviluppo dei diritti umani.
È stata promossa nel 1950 dal Consiglio d'Europa (organizzazione internazionale sorta nel 1949) proprio per riscattare gli ideali di democrazia dei Paesi europei dallonta del nazismo.
L'aspetto della tutela è rappresentato dal riconoscimento di un vero e proprio diritto dazione che può essere esercitato non solo dagli Stati ma anche dall'individuo davanti alla Corte di Strasburgo.
La regionalizzazione ha assunto una sfaccettatura particolare per i paesi islamici, dove è diventata espressione per rivendicare specificità culturali.
In questi paesi musulmani, il nodo grosso è costituito dalle difficoltà di coniugare la concezione di modernità sottesa alla dichiarazione dei diritti fondamentali con le tradizioni di cui sono impostati di diritti di questi Paesi e dove spesso si annidano di fatto grossolane violazioni dei diritti umani (libertà religiosa, posizione della donna ecc.).
Nel filone della regionalizzazione, può collocarsi la Carta dei Diritti Fondamentali dell Unione Europea, cui la Comunità è approdata dopo un sofferto percorso.
Infatti quando è nata la CEE, essendo essa stata concepita come spazio economico e mercantilistico, il trattato istitutivo non si preoccupava del tema, anche perché la tutela internazionale era ancora agli albori e la tutela dei diritti umani appariva appannaggio degli Stati.
Nel trattato cerano alcune disposizioni relative a situazioni che sembravano apparentarsi ai diritti umani (libertà di circolazione, divieto di discriminazione legato alla nazionalità, ecc.) ma riguardata da vicino, esse si rivelavano esclusivamente all'uomo come agente economico e non allindividuo o alla persona tout-court.
Si trattava di posizioni soggettive strumentali alla creazione del mercato comune.
Via via che il processo di integrazione abbandonava la matrice mercantilistica per imboccare la via dellUnione, anche politica, la Comunità avvertiva lesigenza del riconoscimento di tali diritti, anche nellesplicazione della propria azione.
Per questo negli anni ottanta esplose il dibattito sulla adesione formale della Comunità alla CEDU che venne assunta come parametro normativo su cui misurare la legittimità degli atti comunitari (trattato di Maastricht).
Era soprattutto il timore di interferenze della Corte di Strasburgo sull'operato dell'Unione Europea che sconsigliava, però, tale formale adesione.
Il che portò alla redazione della Carta di Nizza (2000) trasfusa integralmente nel Trattato di Costituzione (parte seconda) le cui ratifiche sono tuttora in corso.
La Carta, allo stato priva di valore giuridico, ha una portata innovativa dirompente, soprattutto per i contenuti.
Il catalogo dei diritti in essa contenuti è più ampio rispetto alla CEDU (che contiene solo diritti civili e politici), mentre la Carta di Nizza estende il riconoscimento ai diritti della 3° e 4° generazione, e supera la tradizionale impostazione che distingue i diritti civili e politici da quelli economici e sociali, raggruppando i diritti attorno a sei valori: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia, valori che posti tutti sullo stesso piano riscattano i diritti sociali dal ruolo gregario in cui, fino ad allora, erano stati relegati.
Direttore del Dipartimento Nazionale
Forze dellOrdine e diritti Umani - Ficlu Unesco
Prof. Paolo Calabrese
Grazie a Dio le brave persone sono sono Sempre esistite e continueranno ad esistere.
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