" Memoria storica ". Una riflessione di Paolo Calabrese

 



     Che cosa vuol dire, oggi promuovere la cultura alla legalità nella vita sociale?


     Quale ruolo può avere la filosofia come pratica formativa che educa  alla legalità?


     Quali sono le azioni possibili per educare alla cittadinanza democratica, nella prospettiva lipmaniana che ci renda più consapevoli e capaci di incidere sulla realtà ?


     Che cosa significa promozione di una cultura  della legalità tra i giovani?


     Queste domande aprono la riflessione intorno al tema dell'educazione alla legalità che da sempre si identifica con le pratiche formative del " fare memoria storica " e dell'educazione ai valori e alla coscienza civica.


     Coincidono con il dovere civile e morale di ricordare alle nuove generazioni tutte quelle esperienze storiche che hanno segnato tragicamente la nostra società.


     " Ricordarsi di ricordare " tutte le vittime di mafia è un obbligo morale per chi si occupa di educazione e formazione tant'è
che, ormai, nelle scuole è stata istituzionalizzata la giornata del 21 marzo; una giornata simbolo scelta come metafora della  "rinascita e del risveglio " della natura e delle coscienze civili, per non dimenticare il sacrificio di chi ha lottato e speso la propria vita per la giustizia e la legalità.


     Ma se questo primo fondamentale livello educativo della memoria non è accompagnato da pratiche formative che aiutino gli studenti ad impadronirsi, kantianamente, del loro intelletto e della facoltà di saper pensare e ragionare, di saper scegliere e orientarsi in situazioni moralmente significative, l'educazione alla legalità rischia di diventare retorica e autoreferenziale.


     Per riscattare la nemoria non basta solo commemorare ma, soprattutto, sollecitare gli studenti a chiedersi perché ciò che si riteneva impossibile si è potuto realizzare.


     Perché è stato possibile attraversare esperienze così tragiche come quelle di via D'Amelio o di Capaci; perché il pensiero umano è stato capace di poter pensare con tanta forza e determinatezza un male cosi feroce .


      Per tali motivi il " fare memoria" deve essere  accompagnato alla formazione del pensiero responsabile e democratico che sappia ricostruire le identità individuali e il senso della comunità ferita da esperienze così dolorose.


      Il fine deve essere quello di costruire una società più giusta e legale che riparte dalle individualità di ciascuno per creare e reinventare esperienze comuni e condivise che danno il senso al vivere sociale.


     Una società che riconosca le differenze di tutti nel pieno rispetto della convivenza e delle buone ragioni.


     Bisogna porre la giusta enfasi sugli aspetti che ricompongono il senso dalla comunità e sul fatto che, insieme ai fattori geografici-territoriali, il concetto di comunità riflette un processo dialogico, costruttivo e intersoggettivo.


      La ruota della legalità e del fare memoria,  deve dunque, camminare di pari passo con quella della cultura e della scuola.


     Cultura che è in primo luogo consapevolezza dell'identità individuale e comunitaria nel rispetto di ogni persona umana.

    

     Del resto è attraverso l'educazione che si costruisce la persona e la società e che si educa, realmente, al bene comune e al senso della vita.


    L'educazione alla legalità non può, in nessun modo e in nessun caso, diventare educazione al legalismo, al conformismo, al tradizionalismo.


    La storia parla chiaro: le tragedie più disastrose non sono derivate solo dal dissenso dei disonesti e dei facinorosi, quanto - è più ancora - dall'assenso acritico delle minoranze silenziose.


     Oggi, nel nostro paese, l'uomo- cittadino è esposto a forti ed insopportabili limitazioni dei suoi diritti, della sua sfera di libertà e socialità; trova risposte del tutto inadeguate  alla sua legittima domanda di servizi sociali; vede la qualità della vita abbassarsi sempre più di livello.


    Si trova dover confliggere con quelle istituzioni che dovrebbero essere il presidio dei suoi diritti.


    I diritti sociali non possono essere considerati una mera aspirazione dei governi: ogni governo dovrà giustificare le scelte che incidono tali diritti, se necessario anche in sede giudiziale.


   I diritti sociali comprendono il diritto a un tenore di vita appropriato, i diritti all'alimentazione, alla salute, all'istruzione, a un'abitazione adeguata, all'acqua, ai servizi necessari e alla sicurezza sociale.


     Poiché I diritti umani sono inviolabili, questi diritti devono essere rispettati al pari  dei diritti civili e politici 


    Si sono erette barriere, che si manovrano senza criteri e senza regole di obiettività e di servizio, e che, in definitiva, producono una frattura di grande rischio per la democrazia, fra il cittadino e lo Stato.


     La società ha lasciato che prevalessero le leggi della forza, del profitto senza limiti, della disinvoltura etica, della spregiudicatezza, dell'egoismo, del corporativismo, credendo che questo fosse il prezzo da pagare alla sua crescita materiale.


     Comincia adesso essere chiaro che si è trattato di un abbaglio.


     Negli ultimi anni il problema della sicurezza dei cittadini è diventato un tema di attualità sempre più presente nei dibattiti politici e nelle discussioni in luoghi informali, e formali, si, sono, infatti moltiplicati convegni, seminari ed incontri volti a fornire analisi e soluzioni spesso inefficaci.


      Noi dobbiamo promuovere ed imprimere accelerazione al ribaltamento di questa cultura che contraddice la umanità dell'uomo.


     L'attività didattica è pedagogica rivolta ai giovani in formazione deve assumere, tra le proprie attività educative, anche il valore della legalità.


     Il rischio di " devianza" per i giovani emerge ormai da tutti gli ambienti sociali e riguarda, anche quelli tradizionalmente non " a rischio " : La devianza diviene  un comportamento appreso, non più legato al contesto di origine.


       La definizione che si dà di queste manifestazioni, come di " malessere del benessere " ovvero di " teppismo per noia " evoca scenari nei quali la marginalità sociale, il basso status socio-economico della famiglia e il livello di scolarizzazione - per citare solo alcuni degli indicatori tradizionali - non sono più  fattori principali che possono determinare " il disagio", " la devianza " o  " la criminalità " tra gli adolescenti.


     La scuola è infatti il luogo in cui si apprendono le norme del vivere civile, si impara a rispettare la libertà ed i diritti di tutti, si acquista consapevolezza del fatto che il rispetto delle regole nella vita quotidiana, quando diventa prerogativa di tutti, migliora la qualità della vita.


       L'onestà, la verità, la tolleranza, la solidarietà, il rispetto dell'altrui diritto, l'ossequio alle leggi devono essere ripristinati in tutta la loro valenza, in tutta la loro forza di riferimento nei giudizi, nelle valutazioni, nelle scelte, comprese quelle della politica.


     Diversamente è lo stesso patto umano che entra in crisi.


    

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