Messina: le agromafie alla sbarra nell’aula bunker

 


Messina: le agromafie alla sbarra nell’aula bunker.

Sarà presente Giuseppe Antoci, Presidente onorario Fondazione Caponnetto.

 Di Luciano Armeli 

Al via il processo che vede imputati nell’Aula bunker di Messina, il prossimo 2 marzo, i viceré delle agromafie della zona nebroidea a seguito della maxi operazione Nebrodi scattata all’alba del 15 gennaio 2020, condotta dai ROS e dal GICO di Messina, coordinata dal Procuratore capo Maurizio De Lucia, e che ha portato a 94 arrestati e 151 aziende agricole sequestrate.

Adesso i soggetti rinviati a giudizio dal Gup di Messina, Simona Finocchiaro, sono 111.

L’accusa è, tra le altre, di truffa aggravata per il conseguimento dei fondi AGEA, ovvero i fondi comunitari della PAC che solo in Sicilia ha visto piovere attraverso il Programma per lo Sviluppo Rurale, per il periodo 2014-2020, l’astronomica cifra di 2.212.747.000 euro.

Era stato proprio il Protocollo di Legalità a firma di Giuseppe Antoci, oggi Legge dello Stato e strumento di riferimento anche oltre i confini nazionali, a lanciare la sfida alle consorterie dell’area nebroidea, in particolare di Tortorici e Cesarò, il cui business, facilitato dalla connivenza e consulenza di professionisti per raggirare la fitta giungla burocratica imposta dall’U.E., procedeva indisturbato da diverso tempo con gravi ripercussioni all’intero sistema agro-alimentare dell’isola. Il Protocollo di Legalità ha, tra le altre cose, introdotto l’importante novità Art. 25 per cui “la documentazione di cui al comma 1 è sempre prevista nelle ipotesi di concessione di terreni agricoli e zootecnici demaniali che ricadono nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei”, incenerendo, in altri termini, la soglia del valore di 150.000 del valore dei contratti e, nella richiesta dell’informazione, la distinzione tra pubblico e privato. 

L’ordinanza dei magistrati messinese è chiara: “In gran parte, oltre quelli depredati, si usavano terreni liberi, presi a caso da tutta la Sicilia e da zone impensabili dell’Italia, usati, spacciati come propri, per le raffinate truffe delle associazioni…… e ancora; “….la mafia che ha scoperto che soldi pubblici e finanziamenti costituiscono l’odierno tesoro e come siano diminuiti i rischi pur se i metodi restano criminali….. e ancora: “……il campo di maggiore operatività è divenuto il grande business derivante dalle truffe ai danni dell’Unione Europea, come detto più remunerative e meno rischiose”.

 “.... nel contesto che emerge nella presente indagine di truffe milionarie e di furto mafioso del territorio trova aspetti di significazione probatoria e chiavi di lettura di quell’attentato... Antoci si è posto in contrasto con interessi milionari della mafia”.

Giuseppe Antoci, che sarà presente martedì nell’aula bunker messinese, ha dichiarato: “Abbiamo colpito con un’azione senza precedenti la mafia dei terreni ricca, potente e violenta, ed è per questo che hanno tentato di uccidermi. Volevano fermare la legge nazionale e tutto quello che sta accedendo oggi. Io sarò presente il 2 marzo all’Aula Bunker e li guarderò dritti negli occhi, senza paura, senza indugi e con l’unica forza che ho: quella dello Stato”.

 

E sì, nella lotta tra il bene e il male, vince sempre lo Stato, è solo una questione di tempo. E anche sul mascariamento, il vecchio quanto abusato tentativo di “uccidere” qualcuno senza proiettili.

 

 

 

 

 

 

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